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Trigger Point

trigger point
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Definizione di trigger point

Il nome “Trigger point (o punto grilletto)” fu coniato nel 1942 dalla dottoressa Janet Travell per cercare di descrivere quelle fibre muscolari dolorose presenti all’interno dei vari muscoli corporei nell’essere umano e che hanno la capacità di esacerbare un grande dolore tale da far “scattare” (come un grilletto di una pistola) un forte dolore ed una reazione intensa da parte del paziente.
Questa definizione nasce appunto da alcune peculiarità che queste fibre muscolari hanno e che determinano (secondo un recente studio) tra il 75% e il 95% delle situazioni legate ai disturbi muscolo-scheletrici e la cui conoscenza determina una grande lotta alle condizioni di dolore cronico che affliggono milioni di persone al mondo.Per spiegare bene cosa sono i trigger point è fondamentale spiegare in maniera semplice e veloce come funziona la contrazione muscolare e qual’è la correlazione con il sistema nervoso.
Infatti se si va ad osservare al microscopio come è fatta una fibra muscolare, si nota come questa sia composta da alcuni filamenti di proteine chiamate actina e miosina capaci di legarsi ad alcuni ioni Calcio (in collaborazione con l’ATP che sarebbe l’energia) di modificare la propria posizione e scorrere su dei filamenti andando a formare dei ponti di collegamento durante la contrazione muscolare.fibre trigger point

Il muscolo a sua volta è avvolto sia esternamente ma anche internamente (fino alle singole fibre muscolari) da tessuto connettivo che non ha la stessa capacità elastica delle fibre muscolari: questa differenza, seppur all’apparenza di scarsa importanza, è alla base della comprensione dei sistemi con il quale si vengono a formare i trigger point; questa differenza infatti genera che il muscolo, per la sua stessa natura, ha una capacità elastica pari al 100%, mentre questo tessuto connettivo (chiamato anche Fascia) non ha la stessa capacità di ritorno elastico, anzi, nel lungo periodo può creare una serie di disfunzioni che possono portare anche alla formazione di trigger point all’interno del muscolo. Di notevole importanza è inoltre il distretto con il quale il muscolo si interfaccia con la placca neuromuscolare, cioè quel collegamento che c’è tra nervo (che richiede una contrazione muscolare e che riceve la sensibilità della zona) e muscolo; questo collegamento con il relativo scambio di informazioni viene a formarsi attraverso l’utilizzo di alcune sostanze che fungono da “messaggeri” che sono i neurotrasmettitori (nel caso della zona nervo-muscolo è l’acetilcolina).

Esistono all’interno del corpo delle fibre muscolari che si trovano in una condizione biochimica per la quale entrano facilmente in sofferenza a livello biochimico, con una riduzione importante dell’apporto di sangue nella sua zona e con la conseguente sofferenza delle fibre che non riescono ad avere un’adeguata irrorazione di sostanze nutritive importanti per la contrazione muscolare. La contrazione quindi di tutto il muscolo comincia a divenire difficoltosa in quanto questi trigger point rendono il muscolo non solo meno forte, ma anche più stanco e con l’importante menomazione di emanare un forte dolore acceso che il paziente percepisce durante i movimenti e che rende questo disturbo molto invalidante.

Significato Trigger Point

Ma perchè vengono chiamati “trigger point”?Il significato è semplice: in inglese questo punto abbiamo detto che significa “punto Grilletto”; quando al paziente che ha questo genere di problema vengono strette le fibre con una presa o con una pressione, il paziente salta.

Salta nel senso che subito il paziente sguscia via, in quanto il dolore è veramente molto intenso; talmente intenso che generalmente la reazione è quello di scappare via e allontanarsi da questa compressione.

Il significato quindi di trigger point è proprio quello di Grilletto (come quello di una pistola) che fa scattare immediatamente un enorme dolore e una reazione di allontanamento naturale da questo fastidio molto importante.

Come Riconoscerli

I trigger point (chiamati anche punti grilletto) sono spesso molto ben riconoscibili all’interno del muscolo in quanto, quando si esegue una palpazione approfondita della zona muscolare, si riconosce grazie ad una sensazione di viscosità e di durezza sotto la pelle, proprio all’interno di tutto il corpo del muscolo; questa sensazione che viene percepita sia da noi stessi ma soprattutto sotto le mani di un fisioterapista esperto (figura per la quale è fondamentale rivolgersi per risolvere questo tipo di problema) è la sensazione di avere come una piccola “lenticchia” sotto le mani che risulta essere tesa e che non è ben liscia come la restante parte del distretto muscolare in esame.

palpazione trigger pointUn altro parametro molto importante da valutare per riconoscere i trigger point sono sicuramente la capacità di queste fibre muscolari di evocare un forte dolore alla palpazione profonda e, da parte del paziente, riconoscere questo dolore come quello “familiare” che percepisce normalmente e che gli arreca un forte disagio. Il dolore infatti è forse l’aspetto più importante con il quale il cervello ci fa capire che in quella zona c’è qualcosa che non va: il tipo di dolore infatti è urente, a volte accompagnato da sensazione di calore ma soprattutto da grande rigidità nei movimenti: non è raro trovare situazioni infatti che fibre disfunzionali all’interno del muscolo possano andare a bloccare veramente un’articolazione.

Il dolore da trigger point può essere presente in varie situazioni durante l’arco della giornata e, aspetto molto subdolo, possono emanare un dolore percepito anche a molta distanza dalla localizzazione dell’origine del problema; volete un esempio?
All’interno del complesso del polpaccio esiste un muscolo chiamato Soleo che partecipa nel movimento di flessione plantare della caviglia, andando a formare con i gemelli il tricipite surale (o polpaccio). Ecco un trigger di questo muscolo che generalmente si localizza o in prossimità della sua origine cioè il perone oppure nella sua parte più distale, può emanare dolore in zona del ginocchio, nella zona del tallone e del tendine d’achille, può salire anche verso l’alto cioè nella schiena, andando a manifestarsi con un dolore a livello sacroiliaco determinando quindi un dolore alla zona intorno al sacro oppure salire ulteriormente e localizzarsi a livello dell’articolazione temporo-mandibolare.

Quali sono le cause dei trigger point?

Molti di voi si staranno chiedendo:”Ok Daniel, ma come si sono venuti a creare? Esistono delle cause dei trigger point?”

Rispondere a questa domanda ancora non è molto semplice rispondere, perchè si visto che tantissime persone hanno dei trigger point che però sono latenti, cioè che non arrecano dolore.

Vediamo quindi alle cause dei trigger point per capire meglio cosa può attivarli:

  1. Posture Errate
  2. Movimenti ripetuti nel tempo in maniera costante
  3. Movimenti che hanno richiesto un’eccessiva attivazione muscolare
  4. Sforzi Molto grandi in un lasso di tempo ristretto
  5. Sforzi leggeri ma ripetuti moltissime volte
  6. Traumi
  7. Interventi chirurgici
  8. Disturbi metabolici (diabete, problemi al fegato, ecc)
  9. Sindromi autoimmuni
  10. Alimentazione errata
  11. Problemi di ossigenazione del sangue (tutti i pazienti che per esempio hanno problemi respiratori)
  12. Cicatrici

Esiste una Mappa dei Trigger Point?

Ma esiste una sorta di mappatura di questi punti? Certo che sì!
trigger point mappaNumerose energie e innumerevoli studi hanno cercato di andare ad eseguire una mappa dei trigger point. Ma come sono stati classificati e capiti come questi emanano e creano dolore?Attraverso un’iniezione, all’interno delle fibre muscolari contratte, di una sostanza irritante per le fibre. Questo determinava quindi una sorta di “attivazione” del dolore con la possibilità, per queste povere cavie, di descrivere e delineare in maniera approfondita quali distretti avevano dolore e quando.

Ora c’è da fare un discorso importante però.

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Quanto è giusto affidarsi per il trattamento di questi punti solamente attraverso questa mappa? Bisogna fidarsi solo dell’area del dolore oppure di capire qual’è l’origine del problema?

Sicuramente un mix è la cosa migliore. Ma vediamo quindi poi nel dettaglio il trattamento e come eseguire correttamente la terapia.

In quale posizione si formano i trigger point?

Generalmente questi punti disfunzionali all’interno del tessuto muscolare si localizzano all’interno del ventre muscolare perché è lì che avviene la contrazione muscolare ed è lì che arriva l’irrorazione sanguigna (in questo caso ridotta o alterata); può capitare di trovare alcuni punti grilletto in prossimità della giunzione in cui il muscolo sta per diventare tendine (la parte terminale del muscolo che si va ad inserire sull’osso per eseguire un movimento) ma mai in un punto diverso dalla zona riconoscibile come contrattile del muscolo in esame. questa differenziazione è molto importante perchè, all’interno del mio studio e come andrebbe fatto in maniera approfondita, è necessario calcolare sempre anche la localizzazione del dolore per poter indagare ed intervenire efficacemente nel disturbo del paziente.Questi trigger sono stati riscontrati in ogni muscolo del corpo, e dopo una serie di studi, si è potuto mappare molto bene la loro localizzazione e soprattutto l’area di riferimento in cui emanano il dolore, come andremo ad approfondire più avanti.

Che caratteristiche ha il dolore dei trigger point?

Abbiamo già parlato di come i trigger possano determinare una forte dolenzia nel paziente che però individua in alcuni punti specifici, ma non riesce a capire bene l’origine del suo problema.I pazienti che soffrono di un qualche disturbo di carattere muscolo-scheletrico presentano alcuni tipi di dolenzia che sono tipici e che permettono al fisioterapista esperto di capire di che tipo di disfunzione ha davanti: infatti il dolore nei trigger point spesso può essere descritto dai pazienti come una zona, non come un punto specifico: questo avviene in quanto l’irradiazione che generano è data dal cambiamento di alcuni recettori nervosi a livello periferico in recettori di movimento i quali cominciano a mandare impulsi dolorosi al midollo spinale e successivamente al cervello.

dolore spallaIl tipo di dolore che il paziente avverte in presenza di un trigger point attivo è specifico e delimitato da un’area ben specifica che il paziente riesce ad individuare in maniera grossolana e indicativa; se si va invece a palpare una zona con un trigger point, questo apparirà come una banda tesa di fibre muscolari nettamente differenti dalle altre, inoltre il muscolo sarà rigido e teso, con difficoltà allo stretching e capace di evocare dolore durante una contrazione muscolare.

Un elemento inoltre che è caratteristico del dolore da trigger point è sicuramente quello che viene chiamato il “segno del salto”: si intende un’importante reazione antidolorifica che il paziente attua nel momento in cui viene premuto con forza il punto grilletto, il quale fa quindi sobbalzare il paziente. Questo dolore generato durante la palpazione genererà un’area ben distinta che sarà familiare al paziente e quindi darà una conferma al terapista sulla corretta individuazione del problema.

Quali sono le Terapie Trigger point

Se ti stai chiedendo quali siano i trattamenti e come curare i punti trigger point, è bene eseguire una rapida spiegazione su quali siano le tecniche approvate scientificamente per disattivare questi punti e quali caratteristiche hanno.
Le terapie per i trigger point sono:

  1. Dry Needling
  2. Compressione Ischemica
  3. Spray and Stretch
  4. Tecnica di contrazione e rilassamento post-isometrico
  5. Tecnica di Strain Counterstrain
  6. Terapia Vibratoria

dry needling spallaDry needling

Questa tecnica approvata e diffusa in tutto il mondo si basa sul trattamento del trigger point con un piccolo ago da agopuntura senza alcun tipo di farmaco iniettato all’interno del muscolo. Si basa sul concetto che quando è presente un trigger point all’interno del muscolo, queste fibre non solo non riescono a rilasciarsi, ma hanno anche il problema che la loro placca neuromuscolare continua a trasmettere acetilcolina (neurotrasmettitore della contrazione muscolare) impossibilitando tutto il complesso a rilasciarsi. L’ago arrivando nella zona delle fibre esegue una sorta di risciacquo biochimico delle cellule infiammatorie che si sono venute a creare e distrugge la placca neuromuscolare alterata. Risultante di questo tipo di tecnica è che il muscolo immediatamente ha una grande diminuzione del tono e appare molto più rilassato e morbido di prima.
Una caratteristica inoltre di questa tecnica è che, a differenza delle altre tipologie di terapie che il fisioterapista può eseguire, è quella che viene chiamata come “local Twitch Response” cioè una sorta di contrazione estremamente rapida del muscolo bersaglio che simboleggia proprio l’effettiva disattivazione del trigger point. Nonostante questa tecnica sia a mio avviso la migliore in assoluto per la disattivazione di questo tipo di disfunzione, presenta alcuni aspetti che possono far propendere il terapista/paziente a scegliere altre tecniche: la paura degli aghi, l’indolenzimento da trattamento che rimane per 1-2 giorni, zone critiche che è meglio evitare, rappresentano delle controindicazioni che è necessario monitorare sempre.

compressione ischemica trigger pointCompressione ischemica

Tecnica questa che può essere applicata in qualsiasi modo e su qualsiasi tipo di muscolo. Si basa sul concetto di eseguire una pressione prolungata sulla cute del paziente andando a comprimere in maniera importante il trigger point. Ovviamente questa pressione andrà a creare una forte dolenzia del paziente che reggerà in maniera difficoltosa l’intensità del dolore; questa pressione genera una importante riduzione dell’apporto ematico sulle fibre muscolari andando quindi a creare un cambiamento temporaneo anche del colorito della pelle nel punto in cui è applicata la forza. Una volta terminata la pressione, il sangue riempie in maniera vigorosa i capillari che prima erano ostruiti andando a quindi a creare un “effetto pompa” capace di far arrivare sostanze nutritive alle fibre in sofferenza e facendole quindi rilasciare. A differenza del dry needling, questo tipo di tecnica non fornisce una “prova” di esser andati a bersaglio e di aver risolto il trigger, se non il miglioramento della sintomatologia descritta dal paziente associato comunque ad una dolenzia post-trattamento.

Spray and stretch

Questo tipo di risoluzione delle problematiche muscolari fu descritta nel 1952 e si basa sull’utilizzo di uno spray refrigerante sulla cute del muscolo che si è scelto come bersaglio e, una volta applicato, viene eseguito un’allungamento passivo del muscolo. Questa tecnica può essere eseguita sui pazienti particolarmente apprensivi e viene utilizzata nei casi in cui il terapista non riesce ad identificare in maniera precisa il trigger e la sua localizzazione.
Nel video quà sotto vi mostro l’applicazione di questa tecnica su di alcuni muscoli del collo responsabili dei terribili dolori della paziente.

Tecnica di contrazione e rilassamento post-isometrico

La contrazione che avviene contro resistenza determina un importante attività che comprende sia il muscolo, ma anche la fascia che lo avvolge e tutti i recettori neuroperiferici presenti nella zona. In questo tipo di tecnica il paziente esegue una contrazione volontaria del muscolo che si è deciso di trattare contro una resistenza offerta dal terapista; una volta eseguita alcune volte questa contrazione, il terapista durante la fase di rilascio nell’ultima sequenza di contrazione, esegue un allungamento passiva volendo si può richiedere anche un’attività del muscolo antagonista per incrementare l’effetto del trattamento).

Tecnica di Strain-CounterStrain:

nata dall’intuizione di osteopati americani, questa tecnica è straordinariamente efficace sul rilassamento del muscolo attraverso il posizionamento del muscolo in massimo accorciamento. Questo permette non solo al paziente di non avere alcun tipo di dolore, ma anche di portare il muscolo ad una situazione “verso la disfunzione” rendendo quindi nullo lo stimolo irritativo. Dopo una pressione mantenuta in specifici punti del muscolo per 90 secondi, questi subisce una sorta di reset neurologico selettivo che “spegne” il trigger e rende il muscolo completamente rilassato.

Terapia Vibratoria

Sicuramente anche la possibilità di applicare una vibrazione costante ad un’alta frequenza ha la capacità di disattivare i trigger point.
Questo è possibile perchè con la vibrazione c’è un grande afflusso sanguigno che permette, alle fibre muscolari in sofferenza, di ricevere sostanze nutritive e quindi ridurre l’infiammazione e l’irritazione alla base del dolore.

Quali sono le terapie migliori per una Disattivazione dei trigger point?

Giustamente adesso io ti ho fatto un elenco delle innumerevoli tecniche che possono essere applicate per avere una disattivazione dei trigger point.Secondo il mio personalissimo punto di vista però, ci sono tecniche che sono superiori nella cura rispetto ad altre. Vediamo insieme quali sono e perchè le preferisco ad altre.

Dry needling trigger point

Disattivazione trigger pointQuesta è, secondo me (ma anche secondo la letteratura scientifica internazionale) la tecnica più efficace, più risolutiva e più precisa nella cura dei trigger point. Questo perchè, attraverso l’utilizzo dell’ago, è possibile andare veramente all’origine del problema, sopratutto per quei muscoli che sono molto profondi e che non si sciolgono facilmente.

Esistono infatti molto spesso dei pazienti che hanno dei muscoli così contratti che ogni trattamento manuale è solamente doloroso e non efficace. La peculiarità che ha questa tecnica, inoltre, è di avere un riscontro oggettivo della risoluzione grazie al guizzo muscolare nel momento della puntura.

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Fonte: PUBMED

Compressione ischemica

Anche questo tipo di trattamento è buono per la risoluzione. Ha la peculiarità di non essere invasivo sulla cute ma risulta essere meno preciso e meno performante. Ovviamente questo tipo di approccio genera che il muscolo, essendo compresso per far affluire sangue, risulta essere molto doloroso durante il trattamento.

Certo, non tutti sono disposti a farsi inserire un minuscolo ago nel muscolo. Per questo motivo questo approccio terapeutico è una buona alterativa.

Non è assolutamente inusuale assistere, in certi pazienti, che durante la compressione del muscolo possa avvenire la Local twitch response.

Trigger point Rullo

Se si è sicuri di esser davanti ad un trigger point, sicuramente può essere una buona abitudine anche quello di eseguire una sorta di autotrattamento dei muscoli che tendono ad affaticarsi e a disattivare, ove possibile, le disfunzioni muscolari.

Uno degli strumenti più efficaci sotto questo punto di vista è sicuramente il Foam Roller: si è visto a livello scientifico come questo strumento di gomma (cilindro) determini un miglioramento della flessibilità dei muscoli trattati e rappresenta un buon esercizio di mantenimento della tonicità muscolare abbinata ad una importante disattivazione dei trigger point. Il concetto è basato sulla pressione eseguita con il proprio peso del corpo su questa superficie dura, generando quindi una sorta di massaggio profondo capace di vascolarizzare le fibre contratte e donare elasticità ai muscoli.

Se invece preferite utilizzare una pallina più piccola ma con una durezza sufficiente per risolvere la vostra disfunzione, potete utilizzare una palla da Lacrosse per rullarvi contro una parete oppure per terra.

Vi mostro inoltre un video qua sotto esemplificativo dell’utilizzo del foam roller sugli arti inferiori e come questi vadano trattati per migliorare le performance e sciogliere i punti grilletto.

Muscoli con punti disfunzionali

Come abbiamo specificato prima, TUTTI i muscoli presenti all’interno del corpo umano possono presentare al loro interno dei trigger i quali si manifestano per varie situazioni e condizioni particolari; andiamo quindi ad analizzare quali sono i distretti ed i muscoli più colpiti dai trigger e quali sono le condizioni più frequenti che si presentano.

Trigger point trapezio

trigger point trapezioSe pensiamo ad un muscolo del collo che può andare incontro ad un attivazione di questo genere di problema, sicuramente pensiamo al trapezio. Questo muscolo, dotato di fasci di fibre superiori, medie ed inferiori, rappresenta un classico esempio di come il trigger point possa essere un aspetto che il fisioterapista deve poter individuare e trattare. Questo dolore al trapezio, insieme allo sternocleidomastoideo, possono generare una serie di disfunzioni gravi che accompagnano migliaia di pazienti ogni giorno. Infatti questo muscolo, quando presenta un trigger point attivo, determina una condizione di dolenzia molto forte non solo nella sua stessa zona con sensazione di dolorabilità e tensione, ma anche di forte mal di testa che sale oltre il collo fino ad arrivare nella zona intorno all’orecchio e dell’occhio (come mostrato dall’immagine). Oltre a questo grado di dolenzia, questo muscolo partecipa anche nelle disfunzioni riguardanti la spalla e la zona dorsale.

Trigger point glutei

trigger point medio gluteo sacroileite
Esempio di area di irradiazione del trigger del medio gluteo

Per un fisioterapista specializzato in disturbi muscolo-scheletrici e sindromi dolorose come il sottoscritto, nel momento in cui il paziente comincia a raccontarmi alcuni aspetti del suo mal di schiena, nella mia testa subito si accende l’idea di andare a controllare lo stato di salute dei muscoli glutei. Infatti questi muscoli (grande, medio, piccolo gluteo e piriforme) sono muscoli che sono altamente correlati con il mal di schiena e con alcune sindromi molto importanti.
Infatti in presenza di alcuni trigger del grande gluteo potremo avere infatti fenomeni di dolore localizzato a livello sacroiliaco e nella zona dell’ileo; con una disfunzione legata al muscolo medio gluteo spesso si avrà un dolore non ben definito che collega tutta la zona verticale dell’osso sacro e nella parte inferiore del gluteo (in prossimità della spina ischiatica). Il piccolo gluteo invece è il muscolo sicuramente più infimo della zona in quanto, una volta entrato in disfunzione, è capace di determinare un forte dolore che comprende tutto il gluteo e scendere lungo la gamba, andando a mimare una disfunzione legata al nervo sciatico.

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Trigger point polpaccio

muscoli del polpaccioAnche il polpaccio è sicuramente un distretto molto ricco di trigger point e quindi capace di sviluppare situazioni molto complicate da individuare e trattare. Infatti questo distretto composto da 3 muscoli (soleo, Gastrocnemio mediale e gastrocnemio laterale) possono indurre problemi legati al ginocchio (generalmente dietro al ginocchio) oppure legati alla zona del tendine d’achille e della fascia plantare, andando a localizzarsi in un’area ben diffusa di tutta la zona determinando un dolore al piede.
Piccola curiosità: una disfunzione legata al muscolo Soleo può determinare, in alcuni frangenti, disturbi che si vanno a localizzare molto lontano dal polpaccio come per esempio la bassa schiena o addirittura la zona della mandibola.

Trigger point cervicale

Vi assicuro che sul distretto cervicale esistono numerosissimi muscoli che possono andare incontro a blocco o trigger point.

Sul collo infatti esiste una sorta di equilibrio che va rispettato: se questo non avviene, ecco che alcuni muscoli vanno in sofferenza e sviluppano trigger point e contratture.

trigger point cervicaleAbbiamo parlato precedentemente di come quello del trapezio rappresenti uno dei più frequenti punti; esistono però molti altri muscoli che sviluppano disfunzioni e che sono altrettando dolorosi.

Un esempio sono i muscoli scaleni che, quando vanno a bloccarsi, possono sviluppare un dolore che si irradia non solo sul collo e spalla, ma che arriva fino al polso.

Un altro esempio di distretto che crea problemi è il muscolo splenio. Questo, che si occupa prevalentemente della rotazione del collo, può creare numerosi problemi come un forte dolore nella zona della nuca e un dolore proprio alla base del collo.

Sindrome Miofasciale

Questo tipo di disturbo rientra in quello che noi, addetti ai lavori, chiamiamo come sindrome miofasciale.

Ma cosa si intende con sindrome miofasciale?

sindrome miofascialeSi intende una condizione di dolore e di disfunzioni che avvengono nel tessuto connettivo (la fascia quindi) che avvolge ed entra all’interno del sistema muscolare.

Infatti in questa situazione, chi decide di farsi curare da una sindrome miofasciale, deve essere un FISIOTERAPISTA che ha ben chiaro cosa sia la fascia e cosa bisogna fare in queste situazioni.

Si discute tanto di quello che rappresenta questa condizione, ma è bene aver chiaro che la fascia e il tessuto miofasciale sono come un vestito cucito su misura.

Se questo vestito presenta una sorta di restringimento o è apposta un spilla, il movimento non è fluido e risulta limitato.

Questo concetto quindi, nelle recenti pubblicazioni scientifiche, mostra come i trigger point entrano di diritto in quello che rappresenta la sindrome miofasciale.

Trigger point e fibromialgia

Alcuni pazienti, ormai esausti del dolore che provano, pensano di avere la fibromialgia.

Questa condizione di difficile inquadramento rappresenta anch’essa una parte di ciò che è stata descritta prima, cioè la sindrome miofasciale.

Chi soffre o chi si è informato sulla fibromialgia sa che la diagnosi di questa patologia è data attraverso la palpazione di quelli che sono chiamati Tender point. Questi punti che sono tesi ed evocano un dolore sono molto spesso gli stessi punti che hanno all’interno i trigger point.

trigger point fibromialgiaC’è molto dibattito in merito nel mondo accademico sulla presenza di trigger point e di fibromialgia. Non entrerò quindi nel merito sulla diatriba dei trigger point e dei tender, ciò che però vorrei mettere in risalto è un altro aspetto.

Si è visto a livello scientifico che i pazienti che si sottopongono a dei trattamenti per la riduzione e la disattivazione dei trigger point hanno un grande miglioramento nel dolore e nella fatica,

Questo aspetto è molto importante da valutare e fa capire come permettere alle fibre contratte di rilasciarsi è un’ottima strategia nel far sentire meno dolore al paziente.

Riguardo Daniel Di Segni
Daniel Di Segni
Nel mio Studio “Cervicale e Vertigini” di Roma, investo moltissime risorse economiche e professionali per permettere al paziente di avere una fisioterapia di qualità ed individuare il miglior percorso riabilitativo per la singola esigenza e situazione del paziente riducendo quindi il numero delle sedute fisioterapiche.

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